La perdita della Consuetudine
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" La perdita della consuetudine "

 

PROGETTO DI EDUCAZIONE INTERCULTURALE

Faggi Grigioni Silvia 

            

 

“Non ho dimenticato di essere stato, nella mia fanciullezza, esule come te e di aver affrontato come nessun altro, e a rischio della vita, ogni sorta di cimenti in terra straniera. Perciò non posso esimermi dal soccorrere uno straniero, quale ora sei tu; e del resto so bene di non essere che un uomo: non c’è attimo del domani che appartenga più a te che a me”. (Sofocle, Edipo a Colono)

 

 

DESTINATARI: Bambini e bambine delle scuole elementari (al di là della presenza in classe di alunni stranieri)

 

 

SITUAZIONE DI PARTENZA: Il contesto socio-ambientale di riferimento è caratterizzato da una modesta presenza di soggetti appartenenti a culture “altre”, per cui l’intervento educativo assume significato preventivo e di sollecitazione di interessi e di azioni consapevoli rispetto alla differenza in senso lato e alla ricchezza che la diversità di punti di vista restituisce. L’ambiente è del resto sempre percorso da situazioni di “disagio” e di “handicap”, la cui presenza viene facilmente ad essere rappresentata quale interferenza rispetto al quotidiano sviluppo degli eventi, alla consuetudine dello stare insieme.In tal senso collocare l’agire della scuola nell’ambito di un orientamento interculturale, significa contribuire allo svelamento della identità dei soggetti e delle differenze, frequentemente taciute, latenti, non-riconosciute, forse perché socialmente “non riconoscibili” o perché faticosamente gestibili.  

 

 

MOTIVAZIONI DEL PERCORSO RIFERITE A:
a) SITUAZIONI DI PARTENZA 
b) FINALITA’ DEL POF DELLA SCUOLA

Dal punto di vista educativo-culturale, l’omogeneità del contesto sollecita l’attivazione di percorsi educativi orientati alla prevenzione di atteggiamenti discriminatori e al riconoscimento del valore della differenza, nonché la realizzazione di interventi volti all’acquisizione delle capacità di gestione del conflitto, nella consapevolezza della ordinarietà della violazione.

L’articolazione del POF in chiave interculturale non può che prendere l’avvio dal riferimento ai principi costituzionali che, in primo luogo, costituiscono le radici della possibilità e della opportunità di una pacifica convivenza, individuando nel riconoscimento reciproco di diritti e doveri il fondamento della libertà umana; come non può tralasciare il riferimento alla recente normativa che è venuta sempre più dettagliando il discorso sull’educazione interculturale: la Circolare 2 marzo 1994 n.73, riferita a proposte e iniziative per l’educazione interculturale, la Circolare 6 febbraio 1995 n.56, sulla lotta al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e all’intolleranza, la Legge 15/12/99 n.482 sulla tutela delle minoranze linguistiche, le interessanti e illuminanti pronunce del CNPI.

Sulla base di quanto la norma ratifica l’istituzione-scuola è finalizzata non soltanto ad ascoltare e soddisfare la domanda di competenza e di conoscenza che le è posta, ma anche a farla maturare formando i soggetti alla responsabilità della propria formazione, attraverso modalità che potremmo definire interculturali in quanto orientate ad un nuovo modo di riflettere sul nesso identità-alterità.

 

RISULTATI ATTESI:

  • Acquisire la capacità di cogliere i caratteri e il valore dell’unicità della identità del singolo, sperimentando la diversità dei punti di vista e il relativismo della propria soggettività

  • Acquisire la sensibilità e la capacità di porre attenzione alla particolarità delle differenti identità collettive, attraverso il distacco critico rispetto alle consuetudini della cultura di appartenenza; l’intento è quello di superare l’immediatezza della “voracità classificatoria” (Callagari Galli in “Differenze culturali e processi formativi”) e orientare all’analisi culturale

  • Acquisire la consapevolezza della universalità dei diritti sulla base della comune appartenenza all’umanità, sviluppando esperienze orientate alla “comunanza”, all’acquisizione del senso del “noi”  

 

OBIETTIVI SPECIFICI:
  • Riconoscere e conoscere la differenza, considerando le altre culture non in una prospettiva evoluzionistica, ma in termini di contemporaneità (Susi in “Prospettive Interculturali”)

  • Accettare la differenza, superando la logica dell’evitamento (Fenomenologia del non-incontro di Bauman)

  • Saper condividere un’esperienza

  • Contribuire al discorso sui diritti e i doveri dei singoli

  • Saper riconoscere l’ineliminabilità del pregiudizio e imparare a gestirlo nell’ottica di una serena convivenza (la sfida del dialogo di Gadamer)

  • Riuscire a superare alcune delle barriere che le abitudini/consuetudini della propria cultura tendono ad erigere nei confronti delle altre (il fatto di essere l’espressione di una quantità inferiore di persone – minoranza – non determina la conseguenza che quella debba essere una cultura di più basso rilievo)

  • Saper riconoscere gli elementi accomunanti l’umanità intera (il concetto di cittadino planetario)

  • Imparare a riconoscere il senso e il valore dell’utopia e dell’ideale nell’ambito dell’esigenza umana di rappresentarsi nel e per il futuro.

 

ARTICOLAZIONE DEL PROGETTO:

L’educazione interculturale rappresentando quindi la risposta della scuola, luogo di incontro tra portatori di diverse culture, in termini di “prassi formativa”, alle sfide poste dalla globalizzazione  e da un progetto migratorio “definitivo”, si realizza attraverso il coinvolgimento dei soggetti in esperienze significative sia dal punto di vista emotivo che intellettivo; la messa in atto di questa prassi interculturale non costituisce la reazione “emotiva” a più o meno episodiche emergenze, ma piuttosto l’esito di un discorso che recupera alla scuola forti responsabilità pedagogiche nei confronti di una richiesta educativa e di istruzione sempre più articolata e differenziata

 

  • Predisposizione di situazioni di disorientamento e di inconsuetudine rispetto ai vissuti quotidiani dei bambini e delle bambine

  • Riflessione sulla non-ordinarietà dell’esperienza provocata e sul rapporto con la “normalità” degli eventi

  • Rielaborazione dell’esperienza attraverso categorie interpretative rispettose dei differenti punti di vista, valide in contesti anche notevolmente differenti

  • Individuazione di principi universalmente validi, in quanto non lesivi dei diritti di ciascuno,  (proponendo un aggancio significativo con la Costituzione, Le Dichiarazioni Universali, Le Convenzioni che quei diritti riconoscono e tendono a far rispettare) 

  • Attivazione di percorsi volti a far sperimentare la fatica e le difficoltà della piena realizzazione della “giustizia”, così come a far acquisire una prima consapevolezza del valore di un’esperienza orientata da criteri di rispetto reciproco e di solidarietà;

  • Organizzazione di situazioni orientate al confronto con la violazione, anche sulla base delle sollecitazioni colte nel contesto quotidiano, stimolando la riflessione costante sugli aspetti costruttivi e creativi da un lato, distruttivi e volti all’azzeramento dell’identità dall’altro, della esperienza di violazione stessa

  • Produzione di materiali documentativi di vario genere (cartacei, audiovisivi, multimediali…) sia in vista della socializzazione interna ed esterna dei percorsi e delle esperienze realizzate, sia nell’intento di contribuire alla costruzione di una identità ben riconoscibile della scuola (attraverso l’oggettivazione dei percorsi prescelti, dei prodotti realizzati, degli esiti raggiunti, dei problemi aperti)

 

SOGGETTI IMPLICATI NELL’ATTUAZIONE: docenti, genitori, operatori esterni

 

PERCORSI EDUCATIVI, PERCORSI DIDATTICI, INTERVENTI DA REALIZZARE:

Assumendo che la consuetudine, quale tratto caratterizzante l’esistenza o oggetto di aspirazione più o meno consapevole, possa liberare energie e costituire fonte di sicurezza e di continuità, ma anche nascondere la pluralità e attenuare la consapevolezza e l’attenzione, l’intento è quello di percorrere itinerari dell’inconsueto e del poco frequentato, dal punto di vista di spazi, tempi, linguaggi ed espressioni:

 

  • Ri-organizzazione degli spazi, (occorre far vivere ai bambini esperienze di “disordine” e di disorientamento) considerando la loro non neutralità e la loro comunicatività rispetto ai repertori di azioni, di comportamenti e di atteggiamenti “permessi”, ai livelli di relazionalità che lasciano immaginare; ri-progettazione degli ambienti da parte dei bambini, e riflessione sulle possibilità di realizzare un ambiente migliore sotto diversi punti di vista  (affrontando il concetto di universalità/pluriversalità delle scelte)

  • La riflessione sugli spazi può estendersi al più ampio territorio circostante, (è il confronto con la città, nel senso attribuitogli da Bosi) fino a coinvolgere l’intero paese/città nell’intento non solo di individuare le “ragioni” dell’esistenza di certe strutture in date collocazioni per certi scopi (la riappropriazione delle piazze e del loro valore storico/sociale per la comunità) ma anche di vivere il paese e la città oltre il consueto “attraversamento”(teatro per le vie…)

  • Revisione delle consuete scansioni temporali caratterizzanti le attività didattiche tentando sperimentazioni sulla distribuzione degli insegnamenti su base giornaliera, settimanale mensile e per l’intero anno scolastico, allo scopo di soddisfare le esigenze formative e culturali dei bambini (la gestione flessibile dei tempi – come degli spazi- è riconosciuta, in particolare dalla normativa riferita all’Autonomia delle istituzioni scolastiche, quale risorsa significativa per la didattica, nell’intento di soddisfare le diverse esigenze del contesto operativo, emergendo l’ottica interculturale – di attenzione alla identità e alle differenze – cui la scuola deve ispirarsi)

  • Gestione interculturale dei linguaggi: oggi assistiamo a modalità di crescita non tanto lineari quanto determinate da “contaminazioni” tra diverse appartenenze culturali (I bambini – come sostiene Merovitz – attraversano il mondo fisicamente e virtualmente prima ancora che abbiano avuto il permesso, dai loro genitori, di attraversare la strada; v. “Oltre il senso del luogo”). L’attenzione è volta al recupero del valore comunicativo dei diversi linguaggi, per ciascuno dei quali occorre sottolineare la specificità e la irriducibilità, affrontando percorsi didattici multiculturali per ogni ambito e forma di espressione. Sulla base di quell’esperienza plurilinguistica (lessico, musica, danza…) che connota l’appartenenza e la identità culturale di ciascun bambino, si può tracciare l’itinerario volto all’acquisizione della distanza critica indispensabile per uscire dalla consuetudine vissuta con scarsa consapevolezza (conquista del relativismo culturale): dai cantastorie alle filastrocche e alle ninne nanne di diversi paesi del mondo, dalla lingua classicamente o sperimentalmente intesa (analisi/invenzione di storie attraverso l’esplorazione dei diversi punti di vista dei personaggi – identità psicologica e sociale e più genericamente culturale)  all’espressione poetica e alla comunicazione multimediale, dai linguaggi della scultura, della pittura e dell’architettura, ai più recenti linguaggi dell’arte cinematografica e televisiva.

 

PROCEDURE DI ATTUAZIONE: La realizzazione delle diverse attività didattiche avverrà sulla base di una solida base progettuale, volta a focalizzare il più possibile gli orizzonti di senso in cui collocare percorsi e orientare la riflessione:

  • Brainstorming

  • Documentazione, autoformazione, ricerca personale

  • Definizione delle finalità istituzionali cui ispirarsi nella progettazione delle attività

  • Ideazione di percorsi possibili attraverso l’articolazione di obiettivi specifici e verifiche in itinere

  • Realizzazione critica dei percorsi (attraverso l’osservazione sistematica e la documentazione)

  • Verifica e valutazione finale sugli esiti dell’itinerario intrapreso dal punto di vista didattico, organizzativo, della ricerca e della sperimentazione.

Si precisa la non rigida articolazione delle fasi di attuazione del progetto e l’alto grado di integrazione e di coesione tra le procedure indicate.

 

STRUMENTI DI VERIFICA:

La valutazione degli esiti, in termini non solo di conoscenze, ma anche di competenze, rappresenta un momento fondamentale per lo sviluppo delle azioni educativo-didattiche; dovranno pertanto essere predisposti strumenti (questionari, osservazioni sistematiche, strumenti di registrazione audio-video) tali da poter avere un riscontro il più possibile significativo sulle attività poste in essere, ferma restando la consapevolezza della non terminalità dei percorsi e della generatività delle sollecitazioni proposte. I destinatari saranno i docenti stessi, i bambini e le bambine, i genitori.

Occorre inoltre sottolineare come sia importante che ogni volta la scuola non debba ricominciare “tutto da capo”, ovvero come sia determinante attivare percorsi formali di diffusione, socializzazione e scambio delle conoscenze e delle diverse esperienze realizzate, per evitare dispersione di energie e valorizzare la memoria più significativa della scuola.

 

STRUMENTI E CRITERI DI VALUTAZIONE COMPLESSIVA:

I criteri sulla base dei quali verranno individuati i diversi momenti e strumenti di verifica saranno dati :

  • dal livello di adesione, da parte dei soggetti coinvolti, a dati orientamenti interculturali

  • dal livello di integrazione delle diverse aree disciplinari (interdisciplinarità)

  • dal grado di coesione e di coerenza nel gruppo di docenti e operatori coinvolti

  • dalle condizioni di “ripetibilità” dell’esperienza

  • dallo scarto esistente tra dati di partenza ed obiettivi raggiunti

 

STRUMENTI E SUSSIDI NECESSARI. LORO BREVE PRESENTAZIONE:

Proponendosi come esperienza che si realizza attraverso la molteplicità delle forme espressive e comunicative, gli strumenti e i sussidi andranno diversificati notevolmente e contestualizzati.

Seguono alcune indicazioni:

dai cd-rom (Progetto Ministeriale MU.S.E., che riporta un ampio repertorio di suoni e musiche di tutto il mondo) alle videocassette proponenti situazioni riferite a contesti culturali estremamente diversi (vedi i film del progetto “Oltre l’infanzia” coprodotto dalla RAI per l’UNICEF, i film iraniani “Bashù il piccolo straniero” e “Il palloncino bianco”, “Iqbal”, sulle tematiche del lavoro minorile), ai video didattici ispirati al rispetto dei diritti dei bambini (“Diritti al cuore” promosso dal Telefono Azzurro). Dalla narrativa della Collana Fatatrac, dedicata alla educazione all’Intercultura e alla Legalità, alle fiabe originarie di diversi paesi del mondo –“La scuola o la scarpa” di T.B. Jelloun. Dalla poesia al linguaggio rap, dai materiali del CRES alle edizioni per bambini della Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia.

 

RISORSE UMANE NECESSARIE: Docenti e operatori motivati, genitori

 

RAPPORTI E COLLABORAZIONI DA INSTAURARE (COPROGETTAZIONE,

RAPPORTI CON ENTI, ASSOCIAZIONI, AMMINISTRAZIONI DEL TERRITORIO):

 

Nella consapevolezza che la progettualità si realizza attraverso elaborazioni diversificate per livello, competenze e ruoli occorre promuovere una cultura di rete e di condivisione di compiti e di finalità, attraverso la realizzazione di incontri di formazione e di dibattiti volti a sollecitare la corresponsabilità delle azioni educative.

 

 

Il progetto  è stato ideato dall’Insegnante Silvia Faggi Grigioni nell’ambito del Corso di Formazione a Distanza, con certificazione finale delle competenze, attivato dal MPI sulle tematiche della Educazione Interculturale. (www.educational.rai.it/corsiformazione/ )

Il progetto, presentato quale esito di un percorso di ricerca e di formazione individuale, riferito all’ambito di approfondimento “Educazione interculturale, saperi e campi di esperienza”, è stato quindi validato da un’apposita Commissione.   

 

L'Insegnante

Silvia Faggi Grigioni