Fonte Avellana
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FONTE AVELLANA

Fonte Avellana Paesaggio invernale

La famosa biblioteca del Monastero

 

FONTE AVELLANA

(Dal libro di Luigi Marra , storico di Serra Sant'Abbondio)

 

"Tra' due liti d'Italia surgon sassi, e non molto distatiti alla tua patria, tanto che'  troni assai suonan più bassi, e fanno un gibbo che si chiama Catria, di sotto al quale è consecrato un ermo, che suole esser disposto a sola latria". (Dante, Paradiso, Canto XXI, vv. 106-111)  

 

 

 

 

 

Siamo in Paradiso, Dante accompagnato da Beatrice sale al cielo di Saturno, dove appaiono al poeta gli spiriti contemplanti.

Qui, su una scala altissima simboleggiante la celeste contemplazione, scende e sale una moltitudine di anime splendenti.

Una di esse, San Pier Damiano, interrogato dal poeta risponde intorno al profondo dogma della predestinazione.

Dopo aver manifestato la sua identità, il Santo prende occasione dalla povertà degli Apostoli per inveire contro le pompe ed il lusso dei prelati di quel tempo.

L'eremo di S. Croce di Fonte Avellana, in comune di Serra Sant'Abbondio, è uno fra i monasteri più celebri d'Italia e comunque, per molti aspetti, il più importante centro monastico della regione.

La sua origine è molto incerta, come quella di altre istituzioni più che millenarie. Con tutta probabilità fu fondato nel 977 dal beato Lodolfo, nobile eugubino, che costruì le prime misere celle alle falde del monte Catria nella diocesi di Gubbio, agli estremi confini settentrionali del ducato di Spoleto, nel territorio dell'antica città di Luceoli.

La chiesa, dedicata a S. Andrea, venne edificata proprio vicino a una limpida fonte che scaturiva all'ombra di alberi di noccioli, "prope fontem quae ad avellanarum radices scaturiebat".

L'eremo si affermò sotto la guida di San Pier Damiano che fu priore dal 1043 al 1072. La sua forte personalità impresse al piccolo romitorio un'orma profonda e duratura anche per il notevole influsso esercitato da San Romualdo che visse a lungo nelle immediate vicinanze, alle pendici del monte Nocria nella stretta valle di Sitria, dove fondò un eremo e un monastero.

San Pier Damiano ampliò talmente la primitiva piccola fondazione che, sotto il suo priorato, Fonte Avellana divenne il centro di una gloriosa Congregazione da lui stesso governata come Priore Generale e riformata con regole scritte e ordinamenti giuridici, con la sola preoccupazione di garantire ai suoi confratelli la solitudine del luogo, l'autonomia e la libertà dell'eremo e di migliorame le condizioni economiche.

Di vita austera e santa, profondo conoscitore delle Sacre Scritture e di ottima cultura letteraria e giuridica

 

 

"....................................................  Quivi

al servigio di Dio mi fè' si fermo, che pur con cibi di liquor d'ulivi lievemente passava caldi e geli, contento ne' pensier contemplativi. Render solea quel chiostro a questi cieli fertilmente e ora è fatto vano, sì che tosto convien che si riveli. [ti quel loco fu' io Pietro Dannano," (Dante, Paradiso, Canto XXI, vv. 113 - 121).

 

non poteva non richiamare l'attenzione dei Sommi Pontefici, i quali gli affidarono importanti missioni. E nel 1057 papa Stefano IX lo creò cardinale e vescovo di Ostia.

Nella storia della Chiesa è considerato uno dei Dottori più illustri per sapienza, santità e spirito intraprendente.

Dopo la morte di San Pier Damiano (22 febbraio 1072), il processo di ampliamento di Fonte Avellana non si arresta, tende anzi a svilupparsi ulteriormente per continui acquisti e donazioni di terre, l'unica ricchezza per gli uomini di quei tempi. Le donazioni provengono da enti religiosi, da prelati, vescovi, ma anche da laici nobili o di modeste condizioni e di solito sono fatte "pro remedio animae" ma anche dettate da altre

preoccupazioni: la ricerca di protezione e l'autonomia che Fonte Avellana, come grande ente sotto la protezione di Papi e Imperatori, poteva offrire, in un territorio soggetto a sopraffazioni e scarso di capitali e di manodopera per uno sfruttamento sicuro e produttivo delle aree montane ove la terra era dura da lavorare ed avara a rendere, con la possibilità di riottenere in enfiteusi le terre donate.

Fonte Avellana diventa così un centro organizzatore di tutti gli aspetti della vita sociale ed economica delle comunità circostanti e in due secoli appena, all'inizio del secolo XI, raggiunse nell'Italia centrale una potenza economica, sociale e politica mai conseguita da nessuna altra congregazione religiosa. A questa potenza per la costante espansione dei possedimenti si accompagnò anche la reputazione acquisita con l'austerità e la santità dei suoi monaci.

Dopo il mille, Fonte Avellana è nel suo pieno fulgore: i vescovi delle diocesi sono scelti fra i suoi priori, i monaci sono accolti con grande stima in tutte le corti feudali e alla corte papale sono tenuti in semina considerazione.

Sovrani, principi e cavalieri non disdegnano i loro preziosi consigli. Nella storia della Chiesa Fonte Avellana ha lasciato una traccia profonda e indelebile e bastano poche cifre per documentarla:

76 tra Beati e Santi, 54 vescovi, 5 cardinali e inoltre i Papi Celestino 11, Innocenzo III, Celestino V, Giulio II della Rovere e per ultimo Gregorio XVI.

Tra gli illustri abitatori dello storico cenobio dobbiamo ricordare S. Giovanni da Lodi, S. Domenico Loricato, S. Ubaldo vescovo di Gubbio, S. Rinaldo, S. Raniero arcivescovo di Spalato e S. Albertino che, priore dell'eremo verso la metà del XIII secolo, è il pili conosciuto e venerato dei santi avellaniti dalle popolazioni viciniori della vallata.

Imperatori, Pontefici, sovrani e principi tennero sempre in grandissima considerazione questo monastero e numerosi sono i diplomi, le bolle attestanti i privilegi e le immunità concesse. Il primo documento del

genere è un privilegio di papa Silvestro II (999-1003).

I possedimenti di Fonte Avellana si estendevano in tutta l'Italia centrale, dalla Romagna alle Marche, dall'Umbria alla Toscana per giungere fino all'Abruzzo. La bolla di Onoro III del 1218 contiene la lista dei beni confermati a Fonte Avellana da papi e imperatori (eremi, monasteri, chiese, cappelle, ospizi, castelli ecc.) situati nelle diocesi di Ancona, Ascoli, Assisi, Bologna, Cagli, Camerino, Città di Castello, Faenza, Fano, Fermo, Foligno, Fossombrone, Gubbio, lesi, Nocera, Osimo, Penne (Pescara), Perugia. Pesaro, Recanati, Rimini, Senigallia, Spoleto, Umana (Numana) e Urbino

Nel 1251 papa Innocenzo IV, su istanza del priore Bartolo e dei fratelli dell'eremo di S. Croce di Fonte Avellana, sull'esempio dei suoi predecessori Gregorio VII, Onorio III, e Gregorio IX, prende sotto la sua protezione l'eremo con tutti i suoi possessi e beni, confermando tutte le liberti, immunità ed esenzioni.

Alla fine del XIII secolo i possedimenti e i beni dell'eremo non devono più essere difesi dalle mire e dalle invadenze dei signori rurali, ma soprattutto dallo sviluppo e dalla espansione delle nuove realtà politiche del periodo cioè i comuni di città e di castelli.

I pontefici, infatti, oltre a prendere sotto la loro protezione tali beni, inviano alcune litterae e-vecutoiiae per proibire che i comuni vicini, specie Gubbio, Sassoferrato e Cagli, arrechino molestia alla comunità monastica.

La proibizione riguardava in particolare gli uomini dell'eremo che i comuni costringevano a trasferirsi entro le loro mura e a pagare le collette.

In precedenza era stato l'imperatore Federico II ad intervenire con un mandato indirizzato ad un comune non indentificato, ma molto probabilmente marchigiano, per proibire ad esso di arrecare molestia a un ospedale soggetto a Fonte Avellana.

Il monastero sorge in una posizione rupestre quanto mai suggestiva.

Solitario, massiccio, esso si eleva su una propaggine del monte Catria (700 metri s.l.m.) e gli fanno degna corona monti ricoperti in gran parte da boschi di faggio, carpino, ornello e avellano. Luogo di selvaggia e poetica bellezza ha sempre attirato non soltanto uomini desiderosi di abbandonare le lotte del mondo, ma anche pii visitatori appartenenti alle più alte classi sociali. La moglie di Federico Barbarossa in visita al monastero e lì colpita da morte improvvisa viene sepolta accanto alle salme degli umili monaci'.

Anche Guido d'Arezzo, inventore delle note musicali, fu priore dell'eremo quando nel 1035 San Pier Damiano vestì l'abito religioso.

Una tradizione costante e molto antica, che vorremmo suffragata da documenti più vicini all'epoca, vuole il sommo Poeta Dante Alighieri ospite a Fonte Avellana. Tale tradizione è ripresa negli Annales Camandulenses, Tomo V, Lib.. 48, fig. 317 che la derivano da altri storici a loro anteriori. II Sommo Poeta nel 1318 era ospite di Bosone di Gubbio e sarebbe questo l'anno in cui sarebbe venuto a Fonte Avellana fermandosi per un certo tempo.

La primitiva chiesa dedicata a S. Andrea, dopo numerosi rifacimenti e sovrapposizioni operati nei primi secoli, venne dedicata alla Santa Croce e consacrata il 31 agosto 1197, al tempo di Celestino 111 papa e Enrico V I l'imperatore, alla presenza del venerabile Gentile Legato della Santa Romana Chiesa, con l'intervento di Raniero vescovo di Città di Castello, Viviano vescovo di Perugia, Ugone Brandi cittadino e vescovo Urbinate, Allodorio vescovo di Cagli, Monaldo vescovo di Fano, Nicola vescovo di Fossombrone, Giordano vescovo di Umana, Attone vescovo di Camerino, Grimaldeseo vescovo di lesi, Guido vescovo di Assisi, Marco vescovo di Gubbio, Ugo vescovo di Nocera e l'assistenza di Enrico vescovo di Senigallia.

Alla consacrazione della chiesa seguì quella dei sei altari dedicati alla S. Trinità, alla S. Croce, a Maria Vergine e a Santi e Martiri.

L'eremo fu arricchito, in varie epoche, di nuove strutture e di edifici di pregevole interesse architettonico.

Si possono ammirare il chiostro, costruito in pietra ai tempi di S. Pier Damiano, come la suggestiva cripta, la possente e bella torre campanaria eretta nel 1482 dall'abate commendatario il cardinale Giuliano della Rovere, eletto poi papa col nome di Giulio B, la sagrestia, il refettorio e il coro finemente e pazientemente intagliati.

Il locale più singolare è lo scriptorium voluto da S. Pier Damiano: un ambiente nudo, austero, ma luminoso, adibito ad officina libraria dove i monaci amanuensi ricopiavano i testi classici e miniavano gli antichi codici, che ancora oggi suscitano meraviglia e stupore.

E' situato nel corpo di fabbrica romano-gotico che, sostenuto da un grande arco, sporge nella parte più antica del monastero.

La luce vi entra da due ordini di finestre, soprattutto dalle finestre in fuga dell'ordine superiore, singolarmente aperte tra l'imposta e il fianco della volta. A1 centro dell'ampio locale un grande tavolo cinquecentesco mirabilmente intagliato.

Attualmente nel monastero ci sono due biblioteche, al piano inferiore quella intitolata a Dante Alighieri, al piano superiore quella monastica, che complessivamente custodiscono circa 30 mila volumi, tra cui diversi incunaboli, edizioni cinquecentine, codici, che vanno dal 1000 al 1300, volumi manoscritti e numerose pergamene. Ma sono ben piccola cosa di fronte a quello che doveva essere la biblioteca di Fonte Avellana fondata da S. Pier Damiano. I numerosi codici della celebre Avellana Collectio, codici da lui acquistati o fatti ricopiare dagli amanuensi nello scriptorium e corretti di suo pugno, oggi si trovano alla Biblioteca Vaticana, dove furono trasferiti, con gli antichissimi documenti dell'archivio sui rapporti tra l'Impero e la Chiesa, nel 1550 dal cardinale Sirleton.

Quello che maggiormente sorprende il visitatore è, all'esterno, la complessa vastità dell'edificio e, nell'interno, il numero delle celle, l'ampiezza dei corridoi e la grandiosità delle sale.

Papa Giovanni XXII, con bolla in data 15 marzo 1325, elevò il monastero ad abbazia; nel 1392 papa Bonifacio IX affidava il governo dell'abbazia agli abati commendatari che la ressero fin quasi alla fine del XVI secolo.

Tra questi dobbiamo ricordare:

- il primo, il cardinale Bartolomeo Mezzavacca di Bologna dal 1392 al 1395;

- il monaco Pietro Beni della Serra dal 1423 al 12 aprile 1456;

- il cardinale Nicolò Ridolfi, nipote di Leone X, dal 1518 al 1533; - il chierico Filippo Ridolfi, nipote del precedente, dal 1551 al 1565, che,  per onorare il suo illustre concittadino e tramandare ai posteri la  presenza di Dante a Fonte Avellana, nel 1557 fece collocare sopra la  porta della cameretta assegnata al Sommo Poeta una epigrafe  sormontata dal semibusto in marmo dell'Alighieri;

- il cardinale Giulio Feltrio della Rovere, dal 1565 al 4 dicembre 1569,

 ultimo abate commendatario! 1. Le commende , in genere, non godono di eccessiva simpatia nè tanto di buon nome sul quadrante storico specie monastico. Poiché, in definitiva, si trattava dell'affidamento dei beneficio dei beni di proprietà di un monastero o di un'abbazia a persone estranee per lo più di alto rango ecclesiastico o civile, al solo scopo di fare la loro fortuna; quella della commenda è ritenuta come una piaga o come una di quelle disgrazie che contribuirono moltissimo alla decadenza morale, oltre che materiale, di moltissimi centri monastici.

L'inevitabile decadenza e la corruzione morale, già lamentate dai versi danteschi, si accentuarono fino a determinare la soppressione della Congregazione Avellanita sancita da papa Pio V con bolla del 10 dicembre 1569 col passaggio del monastero alle dipendenze della Congregazione Camaldolese.

In seguito, papa Gregorio XIII, con bolla del 5 settembre 1579, affida il patrimonio di Fonte Avellana al Collegio Germanico Ungarico di Roma dell'ordine dei Gesuiti.

Nel corso del XVII secolo si registrò per opera dei Monaci Camaldolesi una momentanea ripresa della Congregazione, la cui esistenza fu di nuovo compromessa dalla soppressione napolconica del 1810 e dalle leggi del nuovo Regno d'Italia- del 1866 con demanializzaione dei beni ecclesiastici e lo scioglimento delle congregazioni religiose.

Fonte Avellana, dopo la sua restituzione ai monaci, ritrova la bellezza austera delle sue strutture architettoniche che abbracciano un arco di tempo dal secolo X al tutto il secolo XVIII.

Anche il Duce durante il periodo fascista si interessò di Fonte Avellana con l'elargizione di una cospicua somma per i primi, più impellenti e decorosi lavori di restauro e di ripristino della torre campanaria che minacciava di crollare per l'incuria di tanti anni, con grave pericolo per l'incolumità della stessa chiesa.

Si rinnovarono le coperture, si restaurarono i muri e si consolidarono le fondamentali.

Negli anni 1980 - 1982 è stato celebrato il millenario della fondazione dell'eremo di S. Croce di Fonte Avellana con iniziative culturali e religiose che si sono concluse il 5 settembre 1982 con la visita del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II del 5 settembre 1982 che. nell'indirizzo di saluto alla moltitudine di pellegrini, disse:

"Sono venuto a dissetarmi a questa fonte di ,spiritualità in questa atmosfera in cui tutto è richiamo ai valori dello spirito. Qui dove regna il silenzio e domina la pace, Dio parla al cuore dell'uomo .... E' bello pensare alla lode che da più di un millennio sale ininterrotta a Dio da questo monastero ad opera di generazioni e generazioni di monaci .... ".

L'eremo in questi anni è una meta sempre più ricercata dalle popolazioni dei territori limitrofi, confermandosi come centro di iniziative di carattere religioso e culturale di grande valore.

Ogni anno dal 1977, nell'ultima settimana del mese di agosto, il monastero ospita un convegno promosso dal Centro di Studi Avellaniti per la trattazione di tematiche sulla vita millenaria dell'eremo di S. Croce di Fonte Avellana e sugli aspetti culturali e religiosi delle varie epoche storiche.